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Articolo divulgativo in Chimica Organica di Niccolò Gioia
chimica amore introSin dai tempi più antichi l’amore è stato al centro di miti e leggende. Se ne trova traccia in ogni libro di ogni epoca. I più grandi filosofi e scrittori hanno basato su di esso interi romanzi e raccolte. Tuttavia, sorge una domanda, una domanda che all'apparenza può sembrare banale ma che racchiude un'incredibile complessità… che cos'è realmente l'amore? Quante volte vi siete soffermati e avete riflettuto su questa domanda?

L'amore fa parte della vita: l’amore di un genitore, l'amore dei propri amici, l'amore di una famiglia e del mondo che ci circonda, eppure, la verità ha premesse e conseguenze chimico-fisiche molto articolate e difficili da capire. In questo articolo andremo ad analizzare l’amore a livello chimico concentrando la nostra attenzione su alcune sostanze responsabili di quelle reazioni che avvengono nel nostro organismo ogni giorno e che ci permettono di provare le più caratteristiche emozioni umane.

Introduzione
Sin da bambini ci viene insegnato che l’amore è un qualcosa da associare al cuore e che in qualche modo, il suo opposto, la ragione, corrisponda al cervello. Questa è però un’errata convinzione1. L’amore, e come del resto anche ogni altra emozione, ha origine nel nostro cervello. Ma dove si “trova” l’amore, e cosa fa alle nostre menti e ai nostri corpi?
L’amore, insieme alla paura e all’euforia, è probabilmente lo stato emotivo più potente che l’essere umano può provare, e tuttavia è soltanto di recente che i ricercatori hanno iniziato a sondare le sue basi neurali.
In realtà, l’amore nelle sue varie tipologie, è stato raramente oggetto di indagine scientifica.
In parte, ciò può essere dovuto al fatto che in passato è sempre stato dominio di poeti, artisti, forse anche di qualche psicologo, ma non è stato certamente preso in grande considerazione nell’ambito della scienza sperimentale, cioè della ricerca biochimica e neurobiologica1.
A detta di ciò, le nostre conoscenze in questo campo devono ancora evolversi e solo di recente le ricerche hanno portato alla luce informazioni dettagliate su quelli che sono gli “ingredienti” molecolari e fisiologici del fenomeno dell’innamoramento. Sappiamo infatti che ci sono diverse molecole che entrano in gioco quando parliamo di amore e che in qualche modo ci permettono di definirlo in modo più accurato. Parliamo dei neurotrasmettitori e degli ormoni2.

Ma cosa sono i neurotrasmettitori?
I neurotrasmettitori sono messaggeri chimici endogeni, di cui si avvalgono le cellule del sistema nervoso (i cosiddetti neuroni) per comunicare tra loro o per stimolare cellule di tipo muscolare o ghiandolare. Per quanto riguarda il loro funzionamento, i neurotrasmettitori agiscono a livello delle sinapsi chimiche, ovvero quei siti di contatto con gruppi funzionali tra due neuroni o tra un neurone e ogni altro genere di cellula. Ne esistono varie classi, tra i più noti rientrano la dopamina, l'acetilcolina, il glutammato e la serotonina1,2.

E cosa sono gli ormoni?
Gli ormoni sono messaggeri chimici endogeni che circolano in fluidi come il sangue o la linfa, e producono uno specifico effetto, di solito stimolante, sull'attività delle cellule lontano dal loro punto di origine. Hanno la proprietà sia di stimolare il funzionamento delle cellule di vari organi sia di regolare l'equilibrio di alcuni processi vitali quali ad esempio:
•  Accrescimento e sviluppo
•  Metabolismo
•  Funzione sessuale
•  Riproduzione
•  Sviluppo psichico e umore

In cosa differiscono?
Innanzitutto, è importante chiarire che non esiste una differenza netta. La stessa molecola, infatti, può presentare caratteristiche e agire come parte di entrambe le categorie2. Ciononostante, la principale differenza tra gli ormoni e i neurotrasmettitori è il loro sito di rilascio e il sito di azione.
I neurotrasmettitori sono prodotti dalle cellule nervose e vengono rilasciati nello spazio sinaptico. Il loro sito di azione si limita prettamente allo spazio tra neuroni. Possiamo definirli dei “messaggeri a corto raggio”.
Gli ormoni invece, sono prodotti nelle ghiandole endocrine e vengono rilasciati direttamente nel flusso sanguigno, attraverso il quale possono raggiungere i loro bersagli di azione anche a grande distanza dal loro punto di origine1,3. Possiamo quindi definirli dei “messaggeri a lungo raggio”.

La chimica dell’amore: le molecole dell’amore

Il ruolo della dopamina
La passione amorosa suscita sentimenti di euforia e di felicità spesso travolgenti e indescrivibili, perché quando ci innamoriamo è come se una tempesta chimica si fosse scatenata nel cervello.
Le aree che si attivano in risposta a questi sentimenti sono le regioni del cervello che contengono alte concentrazioni di un neurotrasmettitore che va associato a ricompensa, desiderio, dipendenza e stati euforici, vale a dire la dopamina1.
La dopamina è un neurotrasmettitore endogeno appartenente al gruppo delle feniletilammine, e viene prodotta in diverse aree del cervello. Il rilascio di dopamina mette nella condizione di “sentirsi bene” sotto diversi aspetti poiché la sembra essere collegata non solo alla formazione delle relazioni ma anche al sesso, considerato un esercizio gratificante e di benessere1,2.

Schema 1. Molecola di dopamina

Un’altra proprietà della dopamina può essere la sua capacità di attivare la curiosità, e in questo modo l’interesse, verso l’altro.
Infatti, il cervello passerà dal rilasciarla solo in determinati momenti al rilasciarla già in previsione di un abbraccio, un bacio o anche della semplice presenza della persona amata1.

Il ruolo della serotonina
Un aumento dei livelli di dopamina causa inevitabilmente anche la diminuzione di un altro neurotrasmettitore, la serotonina.
La serotonina è una triptammina, un alcaloide contenente un anello indolico (come visibile in foto 2). Viene prodotta dalle cellule del sistema nervoso all’interno del cervello e viene sintetizzata a partire dall’amminoacido essenziale triptofano. In particolare, gli studi hanno mostrato una marcata riduzione della serotonina nelle prime fasi dell’innamoramento, proprio come si verifica in quei soggetti affetti da disturbi ossessivi1,2. Ma ciò non deve spaventare. Con questo s’intende che nelle fasi iniziali dell’innamoramento il pensiero viene rivolto incessantemente verso quel singolo individuo, colui o colei di cui ci stiamo innamorando. Di conseguenza anche le azioni e i comportamenti saranno diretti allo scopo di avvicinarsi alla suddetta persona. Questo quindi ci dà una risposta “biologica” del perché le persone innamorate tendono a fissarsi, restringendo il campo dei propri interessi e dei propri pensieri sul soggetto in questione e su pochissimo altro1.

Schema 2. Molecola di serotonina

Inoltre, proprio a causa della riduzione dei livelli di serotonina, sostanza implicata nel processo di regolazione del tono di umore, se da un lato proviamo quell’intensa euforia prima citata, dall’altro siamo facilmente candidati a cadere in preda all’ansia e alla tristezza se notiamo segnali di rifiuto da parte del partner desiderato.

Il ruolo dell’ossitocina
È ormai da tempo accertato come questo ormone giochi un ruolo centrale durante il travaglio e il parto e successivamente nel processo di allattamento. Più recentemente è stato inoltre indicato come elemento chiave nelle interazioni sociali e nelle nostre reazioni sentimentali, da qui il noto soprannome di “ormone dell’amore”3,4.
L’ossitocina è un ormone peptidico formato da nove amminoacidi (Schema 3). È prodotta nell’ipotalamo, una struttura del sistema nervoso situata nella zona centrale interna ai due emisferi cerebrali. Essa aumenta i comportamenti pro-sociali come altruismo, generosità ed empatia e ci porta ad essere più propensi a fidarci degli altri. Questi effetti socio-cognitivi sono causati da un abbassamento dei freni inibitori sociali come la paura, l’ansia e lo stress. L’ossitocina inoltre è legata all’intimità, sensibilizza la pelle, incoraggiando il contatto fisico, e con il contatto aumentano i livelli della stessa4.

Schema 3. Molecola di ossitocina

L'ossitocina, tra l'altro, attiva la produzione di dopamina che come già accennato in precedenza è essenziale per sviluppare curiosità verso la persona amata3,4.

Il ruolo degli altri neurotrasmettitori
Il nostro sistema nervoso rilascia anche noradrenalina, la sostanza responsabile di alcuni degli effetti fisici tipici della passione (sensazione di calore, sudorazione, aumento della frequenza cardiaca, tremore, insonnia) che completano il senso di emozione.
Un’altra sostanza neurochimica che appare a concentrazioni più elevate quando una persona è innamorata è la vasopressina. Questo neurotrasmettitore facilita il legame affettivo e dona al sistema nervoso un senso di ricompensa, potenziando i meccanismi della memoria che fissano i ricordi emotivi positivi e tralasciano gli aspetti dolorosi. Viene prodotta dall’ipotalamo per poi essere conservata nella ghiandola pituitaria. Da lì poi sarà scaricata nel sangue ogni qualvolta si crei una “connessione amorosa” con qualcuno/a fino anche a percepirsi in un “tutt’uno” con lui o con lei2,4. La conseguenza di ciò è che il cervello, attraverso la sua plasticità (cioè la sua capacità di riorganizzarsi, chimicamente, strutturalmente e funzionalmente) fa crescere la persona che si ama nella nostra mente, così da diventare una parte di noi stessi. Il risultato di questo processo è proprio la sensazione di essere legato fisicamente e psicologicamente a quella persona.
Infine, nella chimica dell’amore, si ha un aumento della produzione di endorfine che favoriscono il benessere e il rilassamento in un clima di stabilità e fiducia2.

La chimica dell’amore: la sospensione del giudizio
È ormai noto il fatto che l’amore, nella sua forma più pura e in casi estremi patologica, sia spesso accompagnato da una sospensione del giudizio o da un rilassamento dei criteri di giudizio con cui valutiamo il prossimo. Tale capacità critica è proprio una funzione della corteccia frontale. La sua disattivazione spiega perché, quando siamo profondamente innamorati, puntiamo a sospendere il giudizio critico che applichiamo in altri contesti per valutare le persone, le situazioni o i nostri comportamenti3,4. In effetti, in questo particolare stato emotivo, i giudizi razionali sono sospesi o non più applicati con lo stesso rigore. In questa fase, la persona che amiamo appare perfetta e senza difetti.

La follia dell’amore
L’euforia e la sospensione del giudizio possono generare stati che altre persone potrebbero interpretare come una forma di pazzia. É questa la follia celebrata da poeti e artisti e certamente le spiegazioni biochimiche di una disattivazione delle parti cerebrali coinvolte nella creazione dei giudizi aiuta meglio a capire la palese irrazionalità dell’amore. Scriveva Nietzsche in “Così parlò Zarathustra”:

«C’è sempre un po’ di follia nell’amore. Ma c’è sempre un po’ di ragione nella follia»

Questa ragione è da cercare proprio negli schemi di attivazione e di disattivazione neurobiologica prevista nell’amore.
C’è comunque da sottolineare che se le persone innamorate sospendono il giudizio sulle persone oggetto del loro sentimento, non necessariamente sospendono il giudizio in altri campi. Potrebbero, ad esempio, essere perfettamente capaci di giudicare la qualità di un libro o di un lavoro scientifico.
L’altra area del cervello che subisce un processo di disattivazione nel corso dell’innamoramento è l’amigdala. La struttura che coordina le risposte alla paura, aiutando gli esseri umani a mantenersi più possibile lontani da situazioni potenzialmente pericolose. La sua disattivazione comporta una riduzione delle risposte alla paura, con la conseguenza di mettersi più facilmente in situazioni rischiose pur di stare con la persona amata1,2.

La chimica dell’amore: prospettive future
Abbiamo analizzato tutto ciò che rende possibile l’amore. La verità però è che le scoperte in questo ambito sono solo all’inizio. Se ci pensiamo bene noi basiamo la nostra intera esistenza inseguendo l’amore: che si tratti di una persona, di un sogno o di qualsiasi altro aspetto della nostra vita non fa differenza… sempre di amore stiamo parlando. Forse non ce ne rendiamo conto ma ogni amicizia che stringiamo, ogni legame che creiamo giorno dopo giorno è realizzabile grazie all’amore. Dopotutto che cos’è l’amicizia se non una soluzione diluita di puro amore3,4.
Secondo gli studi più recenti, tutta questa “tempesta chimica” descritta in questo articolo può durare dai primi 12 mesi fino a circa 3 anni di relazione. Poi, inevitabilmente, tutto ritorna normale. Tristemente normale per coloro che hanno bisogno di vivere la propria relazione come esperienza continuamente fuori dell’ordinario. Tuttavia, le conoscenze in nostro possesso sono ancora lontane dall’essere complete e ogni molecola, ogni ingranaggio di questa enorme macchina svolge innumerevoli altre funzioni all’interno del nostro corpo3,4.
Per molti vedere l’amore da questo punto di vista risulterà cinico e riduttivo, ma l’obiettivo ultimo di questo articolo è proprio l’opposto. Questa “danza” di concentrazioni, tra scambi ed equilibri instabili dettati dal nostro cervello è la massima espressione di come l’amore sia reale e tangibile.
È la massima espressione di ciò che ci rende umani e speciali.

Riferimenti e bibliografia
1. A. de Boer, E. M. van Buel and G. J. ter Horst, Neuroscience, 2012, 201, 114–124.
2. S. Zeki, FEBS Lett, 2007, 581, 2575–2579.
3. C. S. Carter, Neurosci Biobehav Rev, 2022, 143, 104948.
4. C. S. Carter, Compr Psychoneuroendocrinol, 2022, 9, 100107.

Il Piccolo Cimento
Giornale dipartimentale
di divulgazione scientifica

Università di Pisa
Dipartimento di Chimica
e Chimica Industriale

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