Articolo divulgativo di Niccolò Gioia, Margherita Martelli e Lorenzo Lagasco
Cosa ha dato inizio alla vita sulla Terra? Qual è stato il fattore scatenante che ne ha permesso la formazione? Ad oggi parlare di vita e non vita sembra banale ma c’è stato un momento, un singolo momento in cui la prima molecola organica si è formata. Vi sono numerose teorie riguardanti l’argomento ma sappiamo ancora ben poco di come la vita abbia avuto inizio sul nostro pianeta. Ma perché nonostante gli enormi passi avanti in ambito scientifico non abbiamo risposte a queste domande? In questo articolo andremo ad analizzare alcuni studi di chimica prebiotica riguardanti la formazione dei primi amminoacidi, i precursori delle proteine.
Introduzione
La nascita della vita sulla Terra costituisce ancora oggi uno degli argomenti più discussi dalla comunità scientifica. Le molecole alla base di tutta la materia vivente come carboidrati, proteine e lipidi sono presenti sul pianeta ma in quantità minime al di fuori degli organismi viventi. Viene allora spontaneo chiedersi, come siamo passati da semplici molecole organiche a organismi estremamente complessi? Appare chiaro come la sintesi di queste molecole abbia determinato in modo significativo il corso della storia dando così inizio alla proliferazione della vita sulla Terra. Ma in quale istante la materia organica si è trasformata in materia vivente? Qual è il fattore che ha permesso un tale processo chimico? La chimica prebiotica tratta questo genere di domande, e in questo articolo andremo ad analizzare le diverse ipotesi sulle sintesi organiche avvenute in età prebiotica, che hanno generato i primi amminoacidi.
Che cos’è la “chimica prebiotica”?
La chimica prebiotica è quel ramo della chimica che si occupa di studiare e comprendere tutti quei processi che 3.5 miliardi di anni fa (data più recente stimata per la nascita della terra) portarono alla formazione di composti organici partendo da molecole inorganiche.1 L’aspetto fondamentale di questa branca della scienza è lo studio di quei processi chimico-fisici che hanno permesso a composti prebiotici semplici come gli zuccheri e le basi azotate di auto assemblarsi in strutture molecolari con capacità auto replicanti.1 Si tratta però di un compito difficile, soprattutto a causa del vasto range di parametri chimico fisici da considerare e molto complesso da replicare.
Perché gli amminoacidi sono tanto importanti?
È detto amminoacido un composto che contiene due gruppi funzionali: uno carbossilico (COOH) e uno amminico (NH2). Nonostante questa loro peculiarità, differiscono l'uno dall’altro a causa del gruppo R, detto anche catena laterale, che può avere strutture e dimensioni molto diverse (Figura 1).2
Figura 1. Esempio di amminoacido generico.
In ambito biochimico, quelli considerati più importanti sono gli L-𝛼-amminoacidi, in quanto costituiscono gli elementi alla base delle proteine. In questo tipo di amminoacido il gruppo carbossilico e il gruppo amminico sono legati al medesimo atomo di carbonio.3 Fanno parte di questa tipologia tutti e 22 gli “amminoacidi essenziali” (Figura 2).
Figura 2. Esempi di amminoacidi essenziali. A sinistra la fenilalanina e a destra la isoleucina.
Sintesi abiotica di amminoacidi
Grazie alle loro strutture chimiche relativamente più semplici rispetto ad altri componenti biologici (come, ad esempio, DNA e RNA), la sintesi abiotica degli aminoacidi è stata studiata in grande dettaglio attraverso indagini sia sperimentali che teoriche.2 In particolare, nella seguente tabella vengono proposte una serie di possibili cause, di origine terrestre ed extraterrestre, che possono aver dato inizio alla suddetta sintesi
Origine terrestre
• Scariche elettriche
• Sintesi idrotermale
• Shock termico
Origine extraterrestre
• Meteoriti
• Comete
• Radiazioni
Origine terrestre: scariche elettriche
Una delle indagini sperimentali più interessanti sulla sintesi abiotica terrestre degli amminoacidi è l’esperimento di Miller e Urey del 1953 (Figura 3).2 Generando una scarica elettrica in una miscela di gas altamente riducenti composta da CH4 (metano), NH3 (ammoniaca) e H2 (idrogeno), che all’epoca si riteneva rappresentasse l'atmosfera primordiale, Miller riuscì ad isolare cinque molecole organiche, tra cui i seguenti amminoacidi:
• Glicina;
• Alanina;
• Acido aspartico;
• Acido glutammico;
Tale risultato forniva una prova sperimentale diretta a supporto della teoria del “Brodo Primordiale” proposta da Oparin qualche decennio prima.
Figura 3. Apparato strumentale che riproduce l’esperimento di Miller.
Successivamente, Johnson nel 2008 e poi Parker nel 2011, hanno analizzato nuovamente gli estratti ottenuti dagli esperimenti di Miller del ‘53 con metodi di indagine sempre più accurati. Da ciò è emerso che le molecole di amminoacidi presenti nella soluzione di Miller erano 23, molti di più di quelli individuati inizialmente.4 L’esperimento è stato poi ripetuto a partire da miscele di gas diversi e utilizzando varie fonti di energia, compresi Raggi UV, Raggi X e irradiazioni di protoni. Osservando i prodotti è interessante notare come non si tratti di una miscela casuale di composti organici ma bensì di un numero ristretto di composti che si formano in grandi quantità.1
Come si può osservare dalla figura 4, inizialmente si ha una decrescita della concentrazione di ammoniaca a favore di aldeidi e di acido cianidrico. Successivamente si osserva la comparsa degli amminoacidi a discapito di un consumo di aldeidi e HCN. La serie di reazioni chimiche che producono amminoacidi a partire da aldeidi/chetoni è nota come sintesi di Strecker (1850) mostrata in Figura 5. La reazione procede per addizione nucleofila seguita da sostituzione nucleofila.
Figura 4. Andamento delle concentrazioni molari dei costituenti durante l’esperimento di Miller in funzione del tempo.
Figura 5. Meccanismo di reazione della reazione di Strecker.
Origine terrestre: sistemi idrotermali sottomarini
Un'altra possibile sorgente di sintesi abiotica di amminoacidi è un sistema idrotermale sottomarino (SHS). Gli scienziati Hennet nel 1992, Marshall nel 1994 e Islam nel 2001 hanno ipotizzato che alte concentrazioni di NH3 (ammoniaca), HCN (acido cianidrico) e H2CO (formaldeide) sono ottime condizioni di partenza per la sintesi idrotermale degli amminoacidi in quanto sono componenti di base per la sintesi di Strecker. In particolare, HCN si forma dalla condensazione di H2CO e NH2OH 2,5
H2CO + NH2OH → HCN + 2H2O
Tuttavia, alcuni ricercatori hanno messo in dubbio la reale fattibilità di questi esperimenti, in quanto la probabilità di avere simili condizioni di reazione nei SHS primitivi è molto bassa. Dal punto di vista termodinamico, inoltre, La Rowe e Regier nel 2008 hanno mostrato come le stabilità di HCN e H2CO diminuiscono drasticamente con l’aumento della temperatura rispetto a molecole come CO2, N2, H2. Inoltre, per quanto riguarda la durata del riscaldamento del processo di sintesi, gli esperimenti di laboratorio utilizzano in genere tempi di riscaldamento dell'ordine di minuti od ore, mentre i tempi in natura all’interno di SHS variano da anni a decenni.2
Di conseguenza, la formazione di amminoacidi a partire da NH3, HCN e H2CO sulla Terra Primordiale potrebbe essere stata possibile, ma avrebbe richiesto un ambiente con condizioni particolari, come la concentrazione di questi precursori per evaporazione o congelamento e cicli di riscaldamento‒raffreddamento rapidi per prevenire reazioni indesiderate ioiaverso l'equilibrio. Condizioni particolarmente difficili da raggiungere negli SHS.6
Origine extraterrestre: comete e meteoriti
Oggetti extraterrestri come meteoriti e comete potrebbero aver fornito un'ampia varietà di composti organici sulla Terra primitiva, inclusi amminoacidi, purine e pirimidine. Avrebbero anche potuto fornire nutrienti inorganici reattivi come ammoniaca e minerali di fosforo.2 Se questi composti fossero stati distribuiti uniformemente sulla superficie terrestre, le concentrazioni superficiali risultanti sarebbero abbastanza basse da essere trascurate. Tuttavia, l'importanza dei materiali extraterrestri non è solo la quantità totale, ma le loro caratteristiche chimiche rilevanti per il sistema biochimico.5
Ad esempio, gli amminoacidi e i loro dimeri catalizzano la sintesi del ribosio con un eccesso di D-enantiomerico al contrario dei meccanismi per la sintesi abiotica degli L-amminoacidi che rimangono tutt’ora sconosciuti. Se le loro sintesi richiedono condizioni che non possono essere realizzate sulla superficie terrestre (ad esempio, irradiazione di raggi cosmici sottovuoto), l’arrivo degli L-amminoacidi dallo spazio avrebbe dovuto essere un processo essenziale per l'origine dell'omochiralità biologica (nelle creature viventi tutti gli amminoacidi hanno una configurazione L). A favore di questa teoria riscontriamo anche il fatto che gli L-enantiomeri in questione siano meno soggetti alla racemizzazione a differenza dei loro D-enantiomeri.5
Detto questo nonostante l’ambiente terrestre sia in grado di offrire condizioni chimiche e fisiche sufficienti per tutte le fasi dell'evoluzione chimica, l'origine della vita richiede ambienti molto diversi e dinamici collegati tra loro per far circolare prodotti di reazione e reagenti.
Conclusioni e prospettive future
Il principio base della teoria eterotrofica sull’origine della vita è che l’origine del primo sistema vivente si sia basata su molecole organiche fornite dall’ambiente. Questo, come affermato poco fa, ha portato alla teorizzazione di un “brodo primordiale” di composti. Alcuni molto probabilmente erano amminoacidi, in questo articolo viene dimostrata che la loro sintesi è efficace sotto diverse condizioni ipotizzabili sulla Terra primitiva. La chimica prebiotica ha interesse nel definire la natura del brodo, e nello spiegare come da esso siamo arrivati a sistemi complessi come il DNA.7 Il fatto che il DNA trascriva le varie molecole che portano alle proteine, e sfrutti gli enzimi proteici per copiare sé stesso (dogma centrale della biologia), porta ad un paradosso spiegabile con il ruolo dell’RNA sia come catalizzatore che come molecola genetica.1 Seguendo le orme di questa ipotesi i chimici sono riusciti a costruire l’intero genoma sintetico di un fungo (Gibson 2008), un ribozima capace di assemblare l’80% della propria sequenza (Wochner 2011), e sono state isolate molecole di RNA auto-propaganti e auto catalitiche (Lincoln e Joyce 2009).7
Ciò che ci rimane da comprendere è come questi sistemi possano essere nati da reazioni compatibili con l’ambiente della Terra primitiva. Nonostante i notevoli progressi, resta ancora molto lavoro, che senza dubbio ci riserverà molte sorprese.
Riferimenti e bibliografia
1 A. Lazcano and S. L. Miller, Cell, 1996, 85, 793–798.
2 N. Kitadai and S. Maruyama, Geoscience Frontiers, 2018, 9, 1117–1153; G.C. Barrett, D.T. Elmor, Amino Acids and Peptides, 1998, Oxford Brookes University.
3 T. Z. Jia, S. Nishikawa and K. Fujishima, BBA Advances, 2022, 2, 100049.
4 M. Vijayan, Progress in Biophysics and Molecular Biology, 1988, 52, 71–99.
5 S. Islam and M. W. Powner, Chem, 2017, 2, 470–501.
6 A. Pressman, C. Blanco and I. A. Chen, Current Biology, 2015, 25, R953–R963.
7 H. J. Cleaves, Evolution: Education and Outreach, 2012, 5, 342–360.